Storie

Louise Bourgeois  Maman




Non so se  le vicende familiari si assomigliano, se tutte per esempio sono fatte di legami, fili che si annodano e si spezzano, nascite, morti,  i matrimoni e i funerali, i vecchi e i giovani, i bambini. Storie  insomma che però non vivono di vita propria, hanno bisogno di qualcuno che le raccolga e le faccia andare da generazione a generazione, si che ad ogni passaggio, pezzo dopo pezzo, esse si ricompongano in una unica linea continua che va da un punto molto lontano conservato nella  memoria di qualcuno ad un altro punto racchiuso nell’esistenza di qualcun altro.

Io in quella poltrona ci andavo larga e mi riusciva bene di sprofondarci proprio dentro, tanto da scomparirvi. Mi mettevo silenziosa ad ascoltare le parole che risuonavano per la stanza e così nascosta mi pareva di passare inosservata.
Mi piaceva ascoltare i grandi che raccontavano le loro storie, mi piaceva  la loro animazione e mi incantava il gesticolare di mia madre, elegante e morbido nel movimento delle mani.
Era incredibile come apparisse diversa in queste occasioni; la sua bellezza armoniosa e lucente emanava un  fascino che si materializzava, letteralmente. Era una presenza teatrale la sua, nel senso che appena la conversazione le dava l’appiglio, lei lo riempiva tutto quel piccolo palcoscenico casalingo.
 Nel suo parlare, a volte fuori le righe, serpeggiava un non so che di poetico, un elemento immaginifico, una vera e propria resistenza al puro dato di fatto, che lei si rifiutava di restituire così com’era, bisognava che lo manipolasse, che lo forzasse, che lo vivificasse.
Poi aveva un vezzo, che consisteva nel descrivere con precisione fotografica, all’inizio di ogni racconto, il modo in cui era vestita in quella determinata occasione. Questo ricordare attraverso un abito, delle scarpe o quel particolare impermeabile, condensava al meglio la sua più intima essenza, cosi che lei trasformava se stessa nella propria rappresentazione scenica.

Anche mio padre catturava l’attenzione ma per la qualità dei suoi racconti. Ricordo che si creava una tale aspettativa intorno alle sue parole, che ogni sua frase aveva la forza di una verità incontrovertibile e io trattenevo il fiato per paura di rompere l’incanto.
Lui raccontava degli uomini e del mondo, ma lo affascinavano le idee. Diceva sempre che per risolvere la vita di un essere umano bastava una sola idea, che non avesse già una paternità e il senso di tutta una esistenza si sarebbe chiarito.
 Non so se l’avesse mai cercata quell’idea, non so con che determinazione si fosse messo all’opera, e se un senso di frustrazione lo prendeva di fronte alla consapevolezza che lui forse era di tutt’altra stoffa.
Nonostante fossi molto piccola,  intuivo in lui un tratto del carattere, che sarebbe poi stato il mio; era un segno che allora  riuscivo a percepire solo come abbozzo e il più delle volte c’era  bisogno di correggere il fuoco, perché era una caratteristica che tendeva a ritrarsi, sbiadiva.
In lui insomma si dispiegava la voglia dell’inessenziale. Lui era fatto di  quella foggia d’uomo che va per particolari,  a ricercare  la traccia di un contorno, più che l’evidenza di un  contenuto.
E devo ammettere che pochi ne ho poi incontrati di uomini così, fatti di stoffa tanto rara, anzi i  più neanche la capiscono questa necessità di svicolare dalla via maestra, la considerano una avvisaglia di infermità. Per me invece è un segno di ragionata inquietudine: sempre a disporsi come tangente alla perfetta curvatura  del mondo. Dove tutto torna, loro vedono la contraddizione, la somma dispari, basta un dettaglio perchè tutto cambi di  coloritura.
 Forse mio padre era un vero sognatore, di quelli che il mondo se lo costruiscono sotto o sopra o in parallelo al piano della propria quotidianità  e se lo curano con attenzione maniacale e dedizione: bisogna votarsi seriamente ai propri sogni.
Chissà se lui lo sapeva.

Corpi




Danzò tra le linee della notte
segnando di sè l'oscurità.
Brevi pause nei suoi gesti ruppero il ritmo teso dell'esistenza.
E insieme alla notte attese i ricordi.
Giunsero,
lenti,
a riempire i silenzi distesi alle sue spalle.