l'altra notte


L’altra notte ti ho sognato: rovinosa caduta nel passato.
Avevo un'unica domanda da farti: perché non mi ami?   

la mancanza

La sostanza dove io manco è tutta avvolta nella coperta di lana.
 Di quelli che più volte ho toccato il ricordo le mani le facce le pance le voci le pettinature.
Mi stanno aiutando.
(Enigma: io sono la mancanza - la mancanza che sono - sono ciò da cui manco - sono tutta mancanza - e non c’è nostalgia - neppure lontananza - essendo ciò che manca - adesso e sempre - io)

Mariangela Gualtieri

Il dono

La verità è quella cosa che gli dei ci gettano addosso quando ci abbandonano. E' il dono del loro abbandono. Una luce e che sta più in alto e più oltre, e che nel cadere sopra di noi, i mortali, ci ferisce. Sono, quelli sui quali cade la verità, come agnelli col marchio del padrone.

Maria Zambrano, La tomba di Antigone

Giro giro tondo

" Noi dobbiamo fare il viaggio intorno al mondo e vedere se si trovi qualche ingresso dal di dietro"

H. von Kleist, Sul teatro di marionette








La pagina bianca

Io ci provo, eccome se ci provo ma è impossibile non sentirti addosso appiccicata questa cosa vischiosa che si chiama vita.
Anche se su alcuni volti come su certi corpi, compreso il mio , ho  visto a volte un  anticipo di morte farsi largo, solo che è difficile da riconoscere e lo si  scambia per infelicità, malinconia, cose così.
Se sei un idealista o un disilluso, un buon padre di famiglia o una donna pronta ad amare, uno stupratore o un prete, se  c'è  la guerra,  il freddo e la fame  oppure  pace e  libertà,  fa lo stesso: tutti vogliono   sentirsi vivere.
Ah .....i bei sogni ipocriti........
Succede che la vita  a volte si pieghi ai tuoi desideri.....e con un balzo raggiunse i suoi sogni .......poi fa un altro giro e, per mano, ti conduce sul limitare di un buco nero che sta li..... e noi tutti sul bordo, in bilico.....a cercare l'equilibrio, manca la necessaria tensione muscolare, debolezza, stanchezza.....  troppa.
E' che  mi piace vagolare tra  lucidità espressiva e  furia emotiva, avete notato?
E allora quelle che sono convinzioni incrollabili  alla pagina successiva  le ritrovo in pezzi, basta un piccolo  accidente: quei bei lampi di consapevolezza, nulla più che  luminarie, appena percettibili, che guizzano  ad imbastire un' ultima  danza.
Vagolando vagolando capita poi che si cambi la prospettiva e tutto prende un'altra dimensione.
 La morte dei vecchi e dei giovani...la morte di un legame, di un progetto....ciò che non è stato e che avrebbe potuto essere se solo la mia debole volizione, il mio desiderio....il desiderio...quello dei bambini, spasmodico, incontenibile, tragicamente euforico e che una volta appagato non lascia strascichi, residui.....la realizzazione del tutto, semplicemente.
Dolore vivo per le perdite che mi paiono sempre definitive, insopportabili da sostenere e poi c'è  quello che potrei stringere nel pugno...non lo vedo.....non lo sento.....guarda! sta lì!... ce l'hai, anzi è tanto, in una sola mano non ci sta.... afferra, più forte, stringi, trattieni!
E' inutile...ci vuole forza, determinazione, ci devi vedere il senso nelle cose che fai.....semplicemente.
Il fatto è che non è che proprio mi piaccia scrive tutto questo e invece  lo scrivo, sto qui,  su questa cazzo di tastiera e scrivo, vomito parole, allucinazioni, fantasmi e ci vuole concentrazione, una certa convinzione, almeno un po di chiarezza, una motivazione...voglio, fortissimamente voglio vomitare questa roba fuori di me e la vomito sulla pagina bianca.
Gli altri, gli umani, non vanno bene, non sono funzionali; stanno li a costruirsi  il mosaico-me e puntualmente ne viene fuori sempre la stessa immagine  rimandata in circolo chissà quante volte.
No, gli umani   mi appiccicano addosso quella cosa  vischiosa che si chiama vita.
Meglio la pagina bianca........

Fratelli



Antigone




" Io immagino che il corpo di una donna esista soltanto dentro un vestito da Pierrot. Penso che se un giorno avrò il coraggio di indossare quel costume a imitazione di Ulrich ("gli piaceva perchè era comodo") e di entrare nell'altra stanza lì c'è la sorella che mi aspetta, un altro "Pierrot biondo, alto......"che a prima vista mi somiglia moltissimo. Io immagino che il corpo di una donna, il sesso di una donna, esista soltanto se è speculare al mio, ma non fissato nell'età adulta, fermato prima, in un corpo prepubere, o quasi pubere, perchè io non ho mai avuto una sorella mentre fin dalle mie prime esperienze sessuali l'ho desiderata con forza così forte da renderla presente.
Ventri lisci e sessi impuberi, delle mie infantili compagne di giochi sono qui e ne formano uno solo, perfetto, quello della sorella che non è mai entrata nel mio letto  per coprirmi col suo corpo. Una sorella deve entrare nel letto del fratello gemello e coprirlo col suo corpo in modo che lui possa scoprire il suo, per questo una donna nasce, o dovrebbe nascere, insieme all'uomo per compiere quest'opera di svelamento: una donna nasce già aperta, l'uomo è un sacco ricucito, deve essere aiutato a uscire da sé, a scucirsi.
Per questa ragione Musil ha scritto :"-Non sapevo che fossimo gemelli!"- disse Agathe e il suo viso sorrise rischiarato". Quando Agathe incontra per la prima volta il fratello Ulrich capisce che finalmente potrà stendersi sul suo corpo e con questo atto svelare anche se stessa.Non è vero che una donna nasce già aperta, è un'assurdità che ho scritto poche righe sopra  credendo ad una mia persistente idea della superiorità della donna sull'uomo. Una donna ha bisogno del suo gemello esattamente come l'uomo, una donna nasce chiusa come un uomo. I corpi si aprono reciprocamente stendendosi uno sopra l'altro, unendosi come due fogli di carta bianca elettrizzati. I due sessi devono combaciare come due  componenti costruite  apposta per questo scopo: combaciare. L'unione sessuale vera e propria, quasi mai perfetta, quasi mai un puro combaciare (attenzione: non ho detto mai!! ma quasi...) è un'altra cosa, è legata alla fecondità che qui non ha luogo, tra i genmelli, almeno in un primo tempo, in un tempo assoluto.
Se io adesso entro nell'altra stanza vestito da Pierrot e trovo mia sorella che naturalmente non si chiama Agathe ma Lucia, non provo alcun desiderio che lei si tolga il costume da Pierrot nè provo alcun desiderio di togliermi il mio: so che dobbiamo soltanto fronteggiarci, sentire i nostri corpi dentro i costumi (sotto i costumi si è nudi, ma solo sotto...). Se si togliesse il costume scoprirei che è una donna mentre io desidero il suo corpo di ragazza, di prima di diventare ragazza, una bambina adulta Così, fingendo un'altra verità, posso raggiungere quell'eccitazione pura, fine a se stessa, che nasce da un rapporto non sessuato, sensza ansie di orgasmi. I nostri sessi, ben presenti e vivi, sono come assenti: il corpo è tutto un sesso e quando Lucia mi stringe a sè finalmente nuda, e nuda come io la desidero, la negazione di una donna, i corpi diventano un solo corpo e i sessi un solo sesso e io posso sentire la mia vagina e lei il suo membro teso, implume.
Ma Agathe (o Lucia) non abita qui. Stavo per dire: non abita più qui, ma ho tolto all'ultimo istante quel più, qualcuno (quell'unico lettore) avrebbe potuto credere che io stessi evocando una vera Lucia che un giorno ha abitato qui, con me, nella stanza affianco e che in qualche occasione io l'avessi incontrata. No, non abita qui perchè io non la desidero più. Se la sua immagine sta qui e io la sento più reale del cosidetto reale la mia vita insterilisce di colpo, indosso una corazza di ghiaccio e aspetto che il gelo della notte la renda ancora più solida e spessa. Qui abita una donna che mi dice : " Tu idealizzi le donne". Semplice e rozzo ma efficace. Nel momento in cui lo ripeto io vedo Agathe, io sono nudo e liscio come lei sotto il mio costume di Pierrot. Che cosa significa "io idealizzo le donne", in altre parole? Che io credo che il sesso sia sacro. Io credo che l'incesto che mi toglie il fiato con la sorella che non c'è sia l'unico atto sessuale possibile, che ogni altro atto sia violentemente legato alla figura materna inondata del sangue del parto."

Antoni Porta, Adorare una sorella

Felicità



Il travaglio era stato molto lungo e indotto dall'ossitocina, dunque contrazioni fortissime e ravvicinate, per più di 8 ore.
Nonostante il medicinale, la dilatazione non era sufficiente per le dimensioni della bambina, in particolare per la sua testa e poichè qualche giorno prima era morta per una emorragia post-parto una donna nella stessa  clinica, il ginecologo mi assistette tutto il tempo e, pur di non optare per  il cesareo, ogni  2 ore circa interveniva manualmente, durante il picco più alto della contrazione, a posizionare la testa della  neonata nell'utero così da facilitare tutto il processo e ridurre al minimo i rischi per me e per lei.
 Questa è una tipica manovre che sapevano fare i veri medici di una volta o le brave ostretriche, quando si partoriva in casa, senza attrezzature, senza medicinali.
Quando finalmente iniziò la fase espulsiva mi portarono  in sala parto dove due infermiere cominciarono a spingere sul mio ventre con una tale forza e violenza che ero certa non ne sarei uscita viva, ma fui molto brava, molto forte. La mia struttura fisica e il mio passato da "atleta" mi avevano aiutato  a collaborare in maniera eccellente con tutti i medici presenti li dentro che si complimentavano con me: niente panico, niente urla, solo un grido liberatorio quando finalmente  la bambina nacque.
La vidi solo un attimo e poi mi addormentarono perchè ero allo stremo delle forze.
Se  possibile, le ore che seguirono furono  peggio. Avevo avuto bisogno di molti punti, mi sentivo letteralmente squartata, il dolore si intensificava e diveniva insopportabile, avevo febbre  alta e perdevo  sangue. Eppure, ad un certo punto, realizzai cosa fosse successo; in mezzo a quell'inferno io ebbi la sensazione che sarei morta non di dolore ma di gioia, il cuore non avrebbe retto..... letteralmente scoppiava, invaso dalla felicità.
E avvertii anche lucidissimamente che quella felicità non l'avrei mai più provata in vita mia, che si trattava di una dimensione soprannaturale, indicibile, incontenibile.
Quella felicità non lasciava residui.
Era la pienezza della gioia, quella di cui i mistici parlano descrivendo l'esperienza dell'estasi, almeno così  immagino io.
Con gli altri figli non fu lo stesso, logicamente.
Con la seconda mi  invase il panico e fui  talmente poco collaborativa che il medico quasi mi prese a schiaffi.
L'ultimo è nato con il cesareo, Schumann  come sottofondo in sala operatoria, chiacchiere e battute tra me e i medici ecc ecc.
L'unica altra volta che ho provato una sensazione lontanamente paragonabile a questa fu quando per la prima volta ..... mi baciò. Anche quella era certo felicità e lì per lì pensai che ne sarei morta.
 Per l'emozione,  la sorpresa, l'incredulità, cominciai a sudare freddo ed ebbi una  tale stretta allo stomaco  che dovetti fuggire via  poichè non sapevo cosa sarebbe potuto accadere, avevo paura  di perdere i sensi o peggio vomitare, talmente violenta era quella sensazione.
Dopo di che sono sicura di essere stata felice più di una volta, peccato che non me ne ricordi.......

Il posto o dell 'assoluto

"E' ritrovata.
Che cosa?L'eternità.
E' il mare convenuto
con il sole"

Rimbaud

La poesia conduce al punto stesso cui porta ogni forma di erotismo, vale a dire all'indistinto, alla confusione degli oggetti distinti. La poesia ci conduce all'eternità, essa ci conduce alla morte, alla totalità: la poesia è l'eternità. E' il mare convenuto con il sole.
Georges Bataille





Una donna amava un uomo.
Lei non sapeva cosa ne sarebbe stata della sua vita, ma in quella vita l'uomo aveva un posto.
Era il posto della forza, della conoscenza, del rigore.
Era il posto del silenzio che parla le lingue del possibile.
A volte la donna sognava l’uomo e il mondo intorno era come un di più, un troppo.
L' uomo era bello, le mani grandi e forti, le gambe salde, come piantate nella terra, il viso tondo e affilato insieme, gli occhi buoni.
Fosse pure ai bordi dell'universo, la donna sapeva che l’uomo un giorno l’avrebbe  presa con sé.
Passò il tempo.
Le  braccia, i piedi, il suo respiro segnavano il ritmo di un'esistenza piena.
Il cuore, da parte sua, inseguiva la traccia di quel bordo.
Poi un giorno, all'improvviso, l'universo si contrasse e  la donna lo rincontrò.
“Ti ho aspettato” gli  disse.
“Eccomi” fece l'uomo
"E' ritrovata." sussurrò la donna, avvicinandogli le labbra all'orecchio
" Che cosa?" chiese lui,  e i suoi occhi, fissi in quelli di lei,  vi scorsero l'assoluto.
" L'eternità. E' il mare convenuto con il sole".

Oggi il Signor Beckett mi ha parlato così.......

"Ho sempre tentato. Ho sempre fallito. Non discutere. Prova ancora. Fallisci ancora. Fallisci meglio.”

 

Muri

Tiravo su muri a secco, io 
 ma il tempo, sopra, ci filava ragnatele
mute, lente.
E invece la vita forse è un bordo
e  io, muscoli tesi e sguardo acuto,
ora tento  l'equilibrio.

Decrescita infelice


Decresco, dunque sono
una mezza figura di uomo
Decresco e dunque riesco
a essere metà di me stesso

mentre l'altro lo tengo in disparte
di conserva, al fresco.
Decresco: possa essere questo
il segreto per esser felice?

Non credo: l'enigma mi dice
che decresce soltanto chi zoppa
camminando con un bastone.
La decrescita è solo una toppa

cucita su un corpo senza ragione.
Decresco come un coglione
decresce se il pene non cresce
e ciò che è dentro non esce.

Decresco e mi sento insicuro:
la sera non esco e mi muro
dentro le mura di casa. È

vissuta in sordina perché
i poeti devono tenere spento
il fuoco mondano e la rabbia.
Decresco, mi viene la scabbia

mi gratto come un cane si gratta
e mi metto una mano sul petto
e mi metto una mano sul pezzo
e sento che cresce di un etto

grammo il desiderio a prezzo
scontato. Decresco e non sono
un commerciante nato, un uomo
adatto a far ripartire il mercato.

Decresco in modo pacato
Decresco in modo educato
Decresco con molto decoro
Decresco con poco tesoro

Decresco correndo a perdifiato
l'unica cosa che mi resta da perdere
su quello che resta di verde
di un prato toscano assetato.

Decresco, mi sono stancato.

L'assenza



L'assenza dondola nell'aria come un batacchio di ferro

martella il mio viso martella

ne sono stordito

corro via l'assenza mi insegue

non posso sfuggirle

le gambe si piegano cado

l'assenza non è tempo nè strade

l'assenza è un ponte fra noi 

più sottile di un capello più affilato di una spada

più sottile di un capello più affilato di una spada

l'asenza è un ponte tra noi

anche quando

 di fronte l'uno all'altra le nostre ginocchia di toccano

Nazim Hikmet

.......il tocco.......




Nancy  L’amore è il tocco dell’aperto.

«Ci si obietta che sottraendo il desiderio alla mancanza e alla legge, non si potrà ottenere altro che uno stato di natura, un desiderio realizzato naturalmente e spontaneamente. Noi diciamo esattamente il contrario: non esiste desiderio se non all’interno del costruire o dell’operare. Non si può afferrare o concepire un desiderio al di fuori di una determinata costruzione, su di un piano che non sia preesistente, ma che deve esso stesso essere costruito. Che ciascuno, gruppo o individuo, costruisca il piano immanente dove condurre la sua vita ed i suoi progetti è la sola cosa che conta. Al di fuori di queste condizioni, viene infatti a mancare qualcosa, ma si tratta precisamente delle condizioni che rendono il desiderio possibile»  Deleuze

Desidero dunque sono

Freud, illustrando i rapporti tra processo primario e processo secondario, scrive: «Chiamiamo desiderio codesta corrente [Strömung] all’interno dell’apparato, che parte dal dispiacere e mira al piacere; abbiamo detto che nulla, fuorché un desiderio, è in grado di mettere in moto l’apparato e che in esso il decorso dell’eccitamento è regolato automaticamente dalle percezioni di piacere e dispiacere. È probabile che il primo atto di desiderio sia stato un investimento allucinatorio [hallucinatorisches Besetzen] del ricordo di soddisfacimento [Befriedigungserinnerung]»Il desiderio originerebbe quindi già all’interno del processo primario: mai, una volta nato, in nessun momento della vita, l’essere umano è pienamente soddisfatto. Non appena uscito al mondo, avverte la mancanza e subito esprime, sia pure in modo inconsapevole, il proprio “desiderio” di star meglio. In questa fase il confine col bisogno è ancora labile; il bisogno, parente povero del desiderio, da distinguere con cura: come dice Roland Barthes, il discorso dell’assenza – cioè la radice comune classica di desiderio e bisogno nella steresis, nella mancanza – è un testo con due ideogrammi: vi sono le braccia levate del Desiderio, e vi sono le braccia tese del Bisogno.

desiderare-ancora

Destini

  "Dovremmo avanzare, anche nel percorso più breve,
    con imperituro spirito di avventura, come se non dovessimo mai fare ritorno,
   preparati a rimandare, come reliquie,
   i nostri cuori imbalsamati, nei desolati regni"
                                                                         Thoreau


 "Come sferzati da spiriti invisibili,
  i solari cavalli del tempo traggono la carrozza lieve del nostro destino;
  e a noi non resta che farci animo, reggere le redini,
  e ora a destra, ora a sinistra governare le ruote a evitare quel sasso, quel precipizio.
 Chi può sapere dove vada?
 A malapena ci si ricorda di dove venne"
                                                                             Goethe

Il futuro o degli impossibili




Mi accorgo che ogni tanto faccio errori di ortografia.....
E' che mi sembra di andare all'indietro, una specie di analfabetismo di ritorno.
A volte dimentico un nome o una faccia, sempre più spesso dove ho messo le chiavi di casa.
 E il reale, ancora lui, diventa una specie di sasso levigato e senza appigli.
Ci sono cose invece che non dimentico, mai.
Ho pochi ricordi ma come conficcati nella carne.
Di certi ne avverto la presenza quasi  si trattasse di un pezzo del mio braccio o di una gamba, di cui ti accorgi solo se indolenziscono.
Succede lo stesso con certi brandelli di memoria: fanno male o danno piacere e allora so che bisogna smuovere la polvere. 
Di tanto in tanto faccio anche un'altra cosa: rimetto insieme i pezzi  e  combino sequenze.
Invento vite di riserva.
Il passato è buffo proprio per questo: c'è ma non puoi avere la certezza di cosa sia effettivamente autentico e cosa artificiale.
Ci vogliono gli altri per dare forma di verità alla nostra memoria, che è la nostra vita. E quando gli altri sono assenti, si sottraggono o vengono a mancare, lì prende forma il buio e un po' di paura.
Ma l'idea di lasciare andare nomi, luoghi, corpi, odori, mi fa sentire addosso  un bagaglio leggero di vita passata e mi sembra più facile prendere la mira e  puntare verso un altro orizzonte.
 Eppure lo  so  che " il futuro è esercizio di memoria".
Ma ci cado dentro come da una soglia invisibile in questo lago di possibilità.
Come quest'estate.
Sola con i miei due figli più  piccoli, ho vissuto per qualche tempo  a Parigi, in un appartamento a Belville, in una strada decente di un punto ormai residenziale del quartiere.
Fino a tardi sotto le mie finestre, un gruppo di uomini beveva e si ubriacava; le voci riempivano il vuoto della notte e io non riuscivo a dormire
E così passavo le ore insonni a scorazzare su quel limite invisibile, facendo esercizi di immaginazione.
 Mi sembrava di vederlo lì davanti il mio destino:  l' impensabile che finalmente si realizza; la lontananza e il senso di estraneità  che fanno da sponda ad una leggera euforia; una solitudine che non spaventa, anzi mi fa tranquilla.
Forse perdevo tempo.
Chissà: forse avrei dovuto avere più pazienza, tenacia e con  un piglio deciso rimanere
concentrata a dirigere e mantenere il giusto sguardo sulle giuste memorie…….
Forse, chissà, ci avrei guadagnato il futuro…..

L'idea triste

In un passaggio di «Variazioni sulla libertà» (Sguardi sul mondo attuale, pp. 67‑68) Valery dice che la libertà della mente consiste nella capacità ‑ un automatismo la chiama ‑ di ridurre nel più breve tempo possibile le idee alla loro natura di idee, di essere delle idee e nient'altro che idee, impedendo di confonderle con ciò che esse rappresentano o con i valori affettivi e impulsivi che l'accompagnano: il rapporto che infatti lega le idee a questi valori è solo accidentale. L'esempio di tutto questo è quello dell'idea triste: un'idea triste si deve scomporre in un'idea senza tristezza e in una tristezza senza idea. La libertà di cui parla Valery non si deve confondere con la cosidetta libertà di pensare, cioè di manifestare le opinioni. La libertà secondo Valery non ha nulla a che fare con le opinioni, cioè con la dimensione della doxa. La libertà ha che a che fare con l'indipendenza della mente dal sistema delle abitudini, delle credenze e degli affetti che tendono a condizionarci.

da Tuttofuorchèlenuvole,blog filosofico-politico di Bruno Moroncini

Uno....

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Uno finisce che si sveglia un giorno
e dice ma che cazzo ci sto a fare
o qualcosa del genere qualcosa
del tipo basta lo vedi si posa
sempre la stessa polvere in soggiorno
la togli e torna e tutto ciò che pare
nuovo è solo un anello del collare
di tutta questa roba appiccicosa
che più ti muovi e più si stringe intorno
per tenerti al tuo posto nello stormo
di questa specie che ha evoluto in strame
vivificato nella terra smossa
ogni anello trascorso nella fossa
che s’incatena fino a me che dormo
e mi risveglio a me che sazio ho fame
un’altra volta e sento queste lame
ficcarsi tutte dentro per la scossa
di quella forza lenta in cui mi sformo
e che mi renderà simile a loro
riverso nella fossa come un cane
dove finisce l’ultima rincorsa
e ci si serra tutti nella morsa
che chiude questo inutile lavoro
con cui ci costruimmo tante tane
trascorse dalle larve delle vane
voci che fummo fermi nella pozza
o solo l’aria che va via dal foro


Gabriele Frasca

Silenzi

Peccato che non ci sei
peccato che lasci andare le mie parole.
I pensieri si annodano ai respiri
e nei silenzi, lunghi,  
ripetono
cantilenando
peccato che non ci sei.