Materia quantitate signata.


La verità è il corpo, è il nostro essere prima di tutto e sopra ogni altra cosa materia, 
questa è la condanna, che ci tiene ancorati alla terra.
I giganti che soccombono per un'inezia!............Alban Berg che muore per una puntura d'insetto!!
" Quel che accade come al solito è che intendo parlare dell'anima e la vita irrompe"

V.Woolf

Sogno

Sogno di qualche tempo fa: ero in una casa che per l'atmosfera, la luce , l'aria di salsedine che si respirava ovunque, doveva essere di vacanza.
Tornata dal mare avevo intorno una quantità di bambini di tutte le età. 
La scena si svolgeva in una stanza molto grande ricolma di cose: c'erano tavoli, poltrone, armadi e un grande letto matrimoniale tutto bianco e sfatto dove i bambini  si rotolavano dandosi spinte, nascondendosi sotto le lenzuola, saltellando senza tregua. Un' aria di  gioia e spensieratezza e io sentivo una stanchezza buona, sana.
Arriva qualcuno che da lontano non riconosco e anche quando mi si avvicina ad un palmo, ancora non riesco a capire chi sia. Sembra rientrare da una lunga assenza, forse un viaggio. Ha l'aria di chi torna a casa. Lo accolgo con grande familiarità. Lo invito a sedersi sul letto in mezzo alla  gran confusione che mi circonda. Cominciamo a parlare amabilmente, c'è intimità tra noi e lo sconosciuto racconta qualcosa che non c'è modo di comprendere. Ad un tratto l'uomo mi bacia ed io, sorpresa,  stupita, rimango spiazzata soprattutto dalla mia reazione che tengo ben nascosta e cioè che in fondo mi piace piacergli.....ma la mia attenzione viene catturata, proprio in quell'istante, dal bambino più piccolo del gruppo, che gattonando prende la direzione della porta di ingresso e tenta di scappare...allora io mi paro davanti e  questo essere piccolissimo, paffuto, scuro di carnagione si appallottola e comincia a rotolare velocissimo, quasi imprendibile. Tenta in tutti i modi  e prova  tutte le traiettorie possibili per infilare la porta ed  uscire di li. Io impaurita e anche un po sconcertata tento di bloccarlo ma si muove come una palla impazzita inpossibile da afferrare...l'unica cosa è chiudere la porta....quella decisione mi ha svegliata...e immediatamente ho associato quello strano essere all'androgino de Simposio di Platone che è una unione perfetta di due esseri che si completano e si compendiano a vicenda, che  hanno 4 braccia e 4 gambe e per muoversi devono rotolare, e mi viene da pensare che si, alla fine, come dice il poeta,si è soli su questa terra, ma soli non si va da nessuna parte.

Me




 Il mio pungolo per la scrittura viene fuori li dove   pensieri e parole, nei discorsi, si fanno confusi e opachi.
Mi serve la pagina bianca ogni volta che  il dialogo si confonde per l'emotività, i segnali del volto, l'atteggiamento del corpo, la direzione di uno sguardo. 
Così oggi  racconto di me (non so fare molto altro) e decido di cominciare   da uno dei ricordi più antichi che riesco a ricostruire scavando nella memoria. Il mio primo saggio di danza
Avevo 4 anni e davanti   a me un pubblico che mi sembrava sterminato.
Quella volta io rimasi al di qua del sipario.
Ero una bambina dotata.
Ero brava.
Il mio corpo, totalmente sotto controllo; non c'era un gesto che non fosse compiuto e in accordo  con la musica che era come  mescolata al mio sangue.
Ma quel giorno rimasi oltre il sipario.
Così scelgo questo come inizio: c'è  il mondo che si ritrae, la musica che si spegne, il velluto pesante che assorbe il respiro ansimante per la fatica e prima che l’applauso deflagri a rompere quell’attimo di silenzio ,io  rimango sola.
 In effetti la danza come la musica erano l'unico modo di esprimere le tonalità affettive di cui ero capace.
Senza quelle non so come avrei potuto attraversare la mia infanzia.
Almeno c’era una via per dire cosa provassi e sentissi quando mi trovavo a contatto con questo mondo sorprendente e per lo più troppo grande per il mio sguardo, capace di percepire solo i particolari, che non ti danno il senso vero di ciò che vedi e però occupano tutta la visuale.
Tutto troppo grande insomma, uno stridere di proporzioni. A volerne calcolare le misure niente tornava e  non c’era verso di raccapezzarmi.
Era faticoso andare a scuola, faticoso avere a che fare con i miei fratelli, imbarazzante mio padre che mi rassicurava della mia intelligenza. Ma perchè me lo ripeteva sempre che ero intelligente?.
Sentivo la mancanza di un posto, il mio posto.
La già cronica difficoltà a dimostrare una qualche vicinanza con gli altri, anche solo  attraverso un gesto, mi  faceva timida e impacciata  e tutto il riverbero del mio desiderato legame con il mondo evaporava nel silenzio o nelle parole mai dette.
Così mi pareva ovvio  fare tagli, sottrarre, ridurre, scegliere insomma qualcuna tra le possibili ipotesi di esistenze, quelle che si adattavano appunto ad una grandezza per me  misurabile, e  pulsarle con violenza dentro  una realtà  parallela  e fantastica. Come avessi uno straordinario occhio mentale attento a scie e trame di sguardi e di respiri che per  giornate intere affollavano la mia immaginazione.
Cercavo  il mio posto, io, e invece questo cascare dentro laghi di possibilià mi faceva perdere la direzione.
La vita  mi pareva sempre un altrove.











ehi mi senti


ehi mi senti. mi senti, sono viva.
per questo non mi senti.non è il cuore.
è questa carne qui che fa rumore.
come corresse.attesa dal suo arrivo.
intanto nelle tempie.mentre scrivo di quanto assordo.assorta nel motore che sanguina.
la vita.col vigore di sempre.
e mio malgrado recidiva.
ma quanta forza.e quanta furia intesse.questa materia intenta a trattenersi.
che il varco di chi va mai non recide.
e se non senti.è solo perchè spersi il tuo silenzio.in quanto ancora stride in me viva di queste vite smesse.

Gabriele Frasca-Rive