guazzabuglio

Andò a letto stanca, come al solito, ma sapeva che il sonno avrebbe tardato a insinuarsi tra le palpebre.
Era il momento più consolatorio della giornata quello, metteva un punto al susseguirsi sempre uguale di fatti: scuola, pranzo, figli, spesa. E sempre accadeva che prima di addormentarsi lei si perdesse ad elencare tutti quegli altri fatti che per un elemento imprevedibile o per un fuori tempo non avevano preso vita, così che l’ennesima giornata era passata, compatta e chiusa nel suo ritmo di obblighi e doveri.
Però la notte avrebbe rimescolato le carte, lo sapeva bene, succedeva sempre così, e tutte le occasioni perse si mutavano in concretissimi squarci di realtà, che lei, esperta nel truccare la vita, legava e annodava mille volte in mille forme diverse. Rinunciare a questa abitudine, divenuta una seconda natura? Impossibile sperare in qualche resistenza efficace a tale turbinio immaginoso.
Non che lei non provasse a forzarli gli eventi, anzi, ma questi non assumevano mai la giusta angolatura.
Per esempio si studiava di accendere curiosità in qualche suo interlocutore occasionale, provando una frase ad effetto(quelle caustiche erano le sue migliori) ma stava attenta a colorare la voce con una morbida modulazione e anche l’incrinatura del capo aveva la sua utilità, mostrava disponibilità ed apertura. La schiusa degli occhi poi il più possibile invitante e seduttiva. Insomma un bel pieno di contrasti.
Il gioco però non produceva gli effetti sperati, per qualche nonnulla tutta quest’arte si decomponeva e non lasciava tracce, così che bisognava ricominciare daccapo e la voglia era già sfumata.
Anche con gli alunni era ogni giorno una attesa di accadimenti. Ponendo una domanda spiazzante, nutrendo dubbi, non spianava mai la via alle soluzioni evidenti, quelle facili, ma li faceva andare a briglia sciolta, sfrenava i loro ragionamenti. Il più delle volte però succedeva che questi si sfinivano e si intricavano, lei allora non faceva a tempo ad assumere il ruolo agognato del nocchiero, o meglio del burattinaio: tutti quei fili ingarbugliati, bisognosi di una mano esperta e capace di imprimere il comando, si afflosciavano, miseri nella perdita di tensione. E il sentimento era di un’altra occasione perduta.
Invece a fare andare la sua fantasia le cose si ricomponevano, gli inizi incompiuti si dispiegavano, maturavano, così che il suo desiderio si adagiava nella sua propria orma, riempiendo spazi e fissandosi nei giusti contorni. Questo era l’andamento della sua vita, fatto di vuoti e pieni. Certo l’alternanza era frustrante, mai che si riuscisse a fissare qualcosa per quello che era.
Si chiedeva spesso cosa risultasse più faticoso: i tentativi sfiatati del giorno o il lavorio turbinoso della notte, e l’indecisione spadroneggiava, sempre.

3 commenti:

  1. E se fosse impazienza?
    L'analisi della nostra vita ci fa riflettere sempre sul nostro comportamento, a volte no ci riconosciamo neanche, ma siamo increduli e sorridiamo nel vederci come non avremmo mai immaginato... Così noi ci rendiamo conto delle basi elementari su cui si basa la nostra giornata... e c'è sempre qualcosa che ci piace e qualcosa che non ci piace... qualcosa che vorremmo accadesse e qualcosa che preferiremmo non pensarci neanche... Ora, io credo che sia impazienza d'aspettare il tormentarci con ciò che è occasione perduta; impazienza di aspettare la fine di un ciclo e l'inizio di un altro, proprio come fanno i bambini. Tutto ciò è molto faticoso, e soltanto nei nostri sogni (sia da svegli che dormendo) possiamo pensare a ciò che verrà senza attaccarci a ciò che succede realmente: siamo felici, o almeno stiamo meglio. Ma cosa stiamo aspettando? Forse un cambiamento, una "prossima infanzia" dove non ci sono più le mille preoccupazioni del mondo ma siamo coscienti della "brutta sottoveste" che possiede il mondo, quasi una contraddizione, insomma. Forse potrebbe essere anche uno stato di pazzia o di totale libertà, esaltante, direi. Non voglio dire con queste parole quale sia la soluzione a tale "Guazzabuglio", perché sarebbe un compito onirico, quindi futile e vacuo di speranze concrete. Peraltro posso dire solo che è piacevole mescolare la propria vita a questo mare amaro di sensazioni intrise di compizione ed estetismo impersonale, ed anche essendo consapevoli della nostra condizione possiamo solo gettare avanti le basi per altra vita simile a quella precedente.

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  2. "Questa notte ho sognato di essere una farfalla: ora sono l'uomo che ha sognato di essere la farfalla, o sono la farfalla che sogna di essere l'uomo? "(Chuang-tse)

    Gli antichi poeti e i filosofi davano grande peso ai propri sogni. Credevno che fossero la via privilegiata per entrare in comunicazione con gli dei e vi attribuivano un potere divinatorio "E’ dell’uomo assennato il ricordare e considerare le cose dette in sogno o nella veglia dalla natura divinatrice o ispirata, e il discernere col ragionamento tutte le immagini vedute"(Platone, Timeo).
    Certamente nessuna altra esperienza umana è così spontaneamente creativa come il sogno, dove tutto può essere rimodellato, travisato, rifondato. Le cose e le persone cambiano la loro natura e l'imprevedibile diviene legge.
    Si pensi ad Alice nel paese delle meraviglie....Da qualche parte ho letto che chi sogna sciamanizza, ossia inconsapevolmente crea e magicamente trasforma.
    Tale potenza del sogno mi conforta, dà voce alla ricchezza dell'esistenza che continua mutata nel sonno ed è disposta ad accoglie altri mondi, altre logiche, e ci fa essere forse più noi stessi. Diceva Nietzsche:" Voi accettate la responsabilità di tutto tranne che dei vostri sogni. Quale pietosa debolezza, quale mancanza di coerente coraggio. Niente vi appartiene più dei vostri sogni"
    Shakespeare definisce il sonno l'alimento sovrano nel banchetto della vita e io, molto più modestamente, in Guazzabuglio racconto come mi accingo ad apparechiare tavola.....

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  3. "[...]Quante volte m'è accaduto di sognare, la notte, che io ero in questo luogo, che ero vestito, che ero presso il fuoco, benché stessi spogliato dentro il mio letto? È vero che ora mi sembra che non è con occhi addormentati che io guardo questa carta, che questa testa che io muovo non è punto assopita, che consapevolmente di deliberato proposito io stendo questa mano e la sento: ciò che accade nel sonno non sembra certo chiaro e distinto come tutto questo. Ma, pensandoci accuratamente, mi ricordo d'essere stato spesso ingannato, mentre dormivo, da simili illusioni. E arrestandomi su questo pensiero, vedo cosí manifestamente che non vi sono indizi concludenti, né segni abbastanza certi per cui sia possibile distinguere nettamente la veglia dal sonno, che ne sono tutto stupito; ed il mio stupore è tale da esser quasi capace di persuadermi che io dormo..."
    [Cartesio]

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