più tardi

La parola d’ordine di tutti i capi, democratici o no, è quella  che intima: «Cari sudditi, per i desideri ripassate più tardi!»

J. Lacan

àgalma


Ágalma, vocabolo del greco antico, significa: ornamento, regalo, immagine. In questa parola, dotata di una ricca pregnanza semantica, si incrociano il valore economico, l’aspetto estetico e il potere simbolico.

Che cosa indicavano i Greci con la parola ágalma? Almeno tre grandi direzioni sematiche: quella dell’ornamento e del tesoro, quella del simulacro del divino e quella dell’immagine informe. È Platone, nel Simposio, a conferire alla parola spessore e peso filosofico. Ma sarà Jacques Lacan, nella cultura contemporanea, a raccogliere e modificare profondamente questi significati re-inventando l’ágalma per noi, nella confluenza tra la potenza del desiderio e gli inganni dell’immaginario


Non è egoismo  nè specchio né vanità: l'amore è una metafora, sta sempre  per altro. Io amo l'altro perchè l'altro incarna il mio desiderio, di cui non saprò nulla se non appunto attraverso l'altro. Dice Lacan "l’amore è dare ciò che non si ha"  perché è  a livello di ciò che non si ha che l'amore si  lega al desiderio ed elegge, nell'esperienza di un amante, un altro, l'amato, come colui a cui poter donare la propria mancanza, l’àgalma, facendo di lui l'oggetto che gli manca. Io ci ho messo un sacco di tempo per capire questa inversione di logica di scambio, e cmq la domanda  delle domande: “dimmi perché mi ami”, che ovviamente non ha risposta, mi riaffiora ostinatamente alle labbra…..

carezza

È come un gioco con qualcosa che si sottrae,

e un gioco assolutamente senza progetto né piano,

non con ciò che può diventare nostro e identificarsi con noi, 

ma con qualcosa d’altro, sempre altro, sempre inaccessibile, 

sempre a venire. 

La carezza è l’attesa di questo avvenire puro, senza contenuto.

Lèvinas

padrone del proprio volto



Quelli che han potere di ferire e non lo fanno,

che non usano la forza in loro manifesta,

che commuovendo gli altri, restan come pietra,

apatici, freddi, e sordi a tentazione:


godono davvero ogni favor del cielo

e proteggono da spreco i beni del creato;

questi sono signori e padroni del loro volto,

gli altri non son che servi delle loro doti.



Dona fragranza all'estate lo sbocciar di un fiore

anche se vive e muore soltanto per se stesso,

ma se quel fiore si infradicia di intimo contagio,

la più vile erbaccia fiore parrà al confronto:


più una cosa è dolce, più agra divien se infetta,

inputriditi i gigli puzzano ben più di erbacce

   Sonetto 94, Shakespeare

siamo ciò che possiamo

........gli uomini non riescono a vivere bene perchè sono malati di infinito. Come guarire da questa malattia se non comprendendo che la malattia è l'infinito?
Noi ignioriamo la potenza che siamo. Una cosa però è sicura: non ci è in alcun modo concesso di essere più di ciò che possiamo. E allora? Tocca metterci in pari con noi stessi......e stare in equilibrio.