Il dono

La verità è quella cosa che gli dei ci gettano addosso quando ci abbandonano. E' il dono del loro abbandono. Una luce e che sta più in alto e più oltre, e che nel cadere sopra di noi, i mortali, ci ferisce. Sono, quelli sui quali cade la verità, come agnelli col marchio del padrone.

Maria Zambrano, La tomba di Antigone

Giro giro tondo

" Noi dobbiamo fare il viaggio intorno al mondo e vedere se si trovi qualche ingresso dal di dietro"

H. von Kleist, Sul teatro di marionette








La pagina bianca

Io ci provo, eccome se ci provo ma è impossibile non sentirti addosso appiccicata questa cosa vischiosa che si chiama vita.
Anche se su alcuni volti come su certi corpi, compreso il mio , ho  visto a volte un  anticipo di morte farsi largo, solo che è difficile da riconoscere e lo si  scambia per infelicità, malinconia, cose così.
Se sei un idealista o un disilluso, un buon padre di famiglia o una donna pronta ad amare, uno stupratore o un prete, se  c'è  la guerra,  il freddo e la fame  oppure  pace e  libertà,  fa lo stesso: tutti vogliono   sentirsi vivere.
Ah .....i bei sogni ipocriti........
Succede che la vita  a volte si pieghi ai tuoi desideri.....e con un balzo raggiunse i suoi sogni .......poi fa un altro giro e, per mano, ti conduce sul limitare di un buco nero che sta li..... e noi tutti sul bordo, in bilico.....a cercare l'equilibrio, manca la necessaria tensione muscolare, debolezza, stanchezza.....  troppa.
E' che  mi piace vagolare tra  lucidità espressiva e  furia emotiva, avete notato?
E allora quelle che sono convinzioni incrollabili  alla pagina successiva  le ritrovo in pezzi, basta un piccolo  accidente: quei bei lampi di consapevolezza, nulla più che  luminarie, appena percettibili, che guizzano  ad imbastire un' ultima  danza.
Vagolando vagolando capita poi che si cambi la prospettiva e tutto prende un'altra dimensione.
 La morte dei vecchi e dei giovani...la morte di un legame, di un progetto....ciò che non è stato e che avrebbe potuto essere se solo la mia debole volizione, il mio desiderio....il desiderio...quello dei bambini, spasmodico, incontenibile, tragicamente euforico e che una volta appagato non lascia strascichi, residui.....la realizzazione del tutto, semplicemente.
Dolore vivo per le perdite che mi paiono sempre definitive, insopportabili da sostenere e poi c'è  quello che potrei stringere nel pugno...non lo vedo.....non lo sento.....guarda! sta lì!... ce l'hai, anzi è tanto, in una sola mano non ci sta.... afferra, più forte, stringi, trattieni!
E' inutile...ci vuole forza, determinazione, ci devi vedere il senso nelle cose che fai.....semplicemente.
Il fatto è che non è che proprio mi piaccia scrive tutto questo e invece  lo scrivo, sto qui,  su questa cazzo di tastiera e scrivo, vomito parole, allucinazioni, fantasmi e ci vuole concentrazione, una certa convinzione, almeno un po di chiarezza, una motivazione...voglio, fortissimamente voglio vomitare questa roba fuori di me e la vomito sulla pagina bianca.
Gli altri, gli umani, non vanno bene, non sono funzionali; stanno li a costruirsi  il mosaico-me e puntualmente ne viene fuori sempre la stessa immagine  rimandata in circolo chissà quante volte.
No, gli umani   mi appiccicano addosso quella cosa  vischiosa che si chiama vita.
Meglio la pagina bianca........

Fratelli



Antigone




" Io immagino che il corpo di una donna esista soltanto dentro un vestito da Pierrot. Penso che se un giorno avrò il coraggio di indossare quel costume a imitazione di Ulrich ("gli piaceva perchè era comodo") e di entrare nell'altra stanza lì c'è la sorella che mi aspetta, un altro "Pierrot biondo, alto......"che a prima vista mi somiglia moltissimo. Io immagino che il corpo di una donna, il sesso di una donna, esista soltanto se è speculare al mio, ma non fissato nell'età adulta, fermato prima, in un corpo prepubere, o quasi pubere, perchè io non ho mai avuto una sorella mentre fin dalle mie prime esperienze sessuali l'ho desiderata con forza così forte da renderla presente.
Ventri lisci e sessi impuberi, delle mie infantili compagne di giochi sono qui e ne formano uno solo, perfetto, quello della sorella che non è mai entrata nel mio letto  per coprirmi col suo corpo. Una sorella deve entrare nel letto del fratello gemello e coprirlo col suo corpo in modo che lui possa scoprire il suo, per questo una donna nasce, o dovrebbe nascere, insieme all'uomo per compiere quest'opera di svelamento: una donna nasce già aperta, l'uomo è un sacco ricucito, deve essere aiutato a uscire da sé, a scucirsi.
Per questa ragione Musil ha scritto :"-Non sapevo che fossimo gemelli!"- disse Agathe e il suo viso sorrise rischiarato". Quando Agathe incontra per la prima volta il fratello Ulrich capisce che finalmente potrà stendersi sul suo corpo e con questo atto svelare anche se stessa.Non è vero che una donna nasce già aperta, è un'assurdità che ho scritto poche righe sopra  credendo ad una mia persistente idea della superiorità della donna sull'uomo. Una donna ha bisogno del suo gemello esattamente come l'uomo, una donna nasce chiusa come un uomo. I corpi si aprono reciprocamente stendendosi uno sopra l'altro, unendosi come due fogli di carta bianca elettrizzati. I due sessi devono combaciare come due  componenti costruite  apposta per questo scopo: combaciare. L'unione sessuale vera e propria, quasi mai perfetta, quasi mai un puro combaciare (attenzione: non ho detto mai!! ma quasi...) è un'altra cosa, è legata alla fecondità che qui non ha luogo, tra i genmelli, almeno in un primo tempo, in un tempo assoluto.
Se io adesso entro nell'altra stanza vestito da Pierrot e trovo mia sorella che naturalmente non si chiama Agathe ma Lucia, non provo alcun desiderio che lei si tolga il costume da Pierrot nè provo alcun desiderio di togliermi il mio: so che dobbiamo soltanto fronteggiarci, sentire i nostri corpi dentro i costumi (sotto i costumi si è nudi, ma solo sotto...). Se si togliesse il costume scoprirei che è una donna mentre io desidero il suo corpo di ragazza, di prima di diventare ragazza, una bambina adulta Così, fingendo un'altra verità, posso raggiungere quell'eccitazione pura, fine a se stessa, che nasce da un rapporto non sessuato, sensza ansie di orgasmi. I nostri sessi, ben presenti e vivi, sono come assenti: il corpo è tutto un sesso e quando Lucia mi stringe a sè finalmente nuda, e nuda come io la desidero, la negazione di una donna, i corpi diventano un solo corpo e i sessi un solo sesso e io posso sentire la mia vagina e lei il suo membro teso, implume.
Ma Agathe (o Lucia) non abita qui. Stavo per dire: non abita più qui, ma ho tolto all'ultimo istante quel più, qualcuno (quell'unico lettore) avrebbe potuto credere che io stessi evocando una vera Lucia che un giorno ha abitato qui, con me, nella stanza affianco e che in qualche occasione io l'avessi incontrata. No, non abita qui perchè io non la desidero più. Se la sua immagine sta qui e io la sento più reale del cosidetto reale la mia vita insterilisce di colpo, indosso una corazza di ghiaccio e aspetto che il gelo della notte la renda ancora più solida e spessa. Qui abita una donna che mi dice : " Tu idealizzi le donne". Semplice e rozzo ma efficace. Nel momento in cui lo ripeto io vedo Agathe, io sono nudo e liscio come lei sotto il mio costume di Pierrot. Che cosa significa "io idealizzo le donne", in altre parole? Che io credo che il sesso sia sacro. Io credo che l'incesto che mi toglie il fiato con la sorella che non c'è sia l'unico atto sessuale possibile, che ogni altro atto sia violentemente legato alla figura materna inondata del sangue del parto."

Antoni Porta, Adorare una sorella

Felicità



Il travaglio era stato molto lungo e indotto dall'ossitocina, dunque contrazioni fortissime e ravvicinate, per più di 8 ore.
Nonostante il medicinale, la dilatazione non era sufficiente per le dimensioni della bambina, in particolare per la sua testa e poichè qualche giorno prima era morta per una emorragia post-parto una donna nella stessa  clinica, il ginecologo mi assistette tutto il tempo e, pur di non optare per  il cesareo, ogni  2 ore circa interveniva manualmente, durante il picco più alto della contrazione, a posizionare la testa della  neonata nell'utero così da facilitare tutto il processo e ridurre al minimo i rischi per me e per lei.
 Questa è una tipica manovre che sapevano fare i veri medici di una volta o le brave ostretriche, quando si partoriva in casa, senza attrezzature, senza medicinali.
Quando finalmente iniziò la fase espulsiva mi portarono  in sala parto dove due infermiere cominciarono a spingere sul mio ventre con una tale forza e violenza che ero certa non ne sarei uscita viva, ma fui molto brava, molto forte. La mia struttura fisica e il mio passato da "atleta" mi avevano aiutato  a collaborare in maniera eccellente con tutti i medici presenti li dentro che si complimentavano con me: niente panico, niente urla, solo un grido liberatorio quando finalmente  la bambina nacque.
La vidi solo un attimo e poi mi addormentarono perchè ero allo stremo delle forze.
Se  possibile, le ore che seguirono furono  peggio. Avevo avuto bisogno di molti punti, mi sentivo letteralmente squartata, il dolore si intensificava e diveniva insopportabile, avevo febbre  alta e perdevo  sangue. Eppure, ad un certo punto, realizzai cosa fosse successo; in mezzo a quell'inferno io ebbi la sensazione che sarei morta non di dolore ma di gioia, il cuore non avrebbe retto..... letteralmente scoppiava, invaso dalla felicità.
E avvertii anche lucidissimamente che quella felicità non l'avrei mai più provata in vita mia, che si trattava di una dimensione soprannaturale, indicibile, incontenibile.
Quella felicità non lasciava residui.
Era la pienezza della gioia, quella di cui i mistici parlano descrivendo l'esperienza dell'estasi, almeno così  immagino io.
Con gli altri figli non fu lo stesso, logicamente.
Con la seconda mi  invase il panico e fui  talmente poco collaborativa che il medico quasi mi prese a schiaffi.
L'ultimo è nato con il cesareo, Schumann  come sottofondo in sala operatoria, chiacchiere e battute tra me e i medici ecc ecc.
L'unica altra volta che ho provato una sensazione lontanamente paragonabile a questa fu quando per la prima volta ..... mi baciò. Anche quella era certo felicità e lì per lì pensai che ne sarei morta.
 Per l'emozione,  la sorpresa, l'incredulità, cominciai a sudare freddo ed ebbi una  tale stretta allo stomaco  che dovetti fuggire via  poichè non sapevo cosa sarebbe potuto accadere, avevo paura  di perdere i sensi o peggio vomitare, talmente violenta era quella sensazione.
Dopo di che sono sicura di essere stata felice più di una volta, peccato che non me ne ricordi.......