Cortàzar

La vera profondità di un uomo è l’uso che fa della propria libertà. Da lì si raggiungono l’azione e la visione, l’eroe e il mistico. Non voglio dire che il romanzo debba proporsi questo genere di personaggi, perché gli unici eroi e mistici interessanti sono quelli reali, non quelli inventati da uno scrittore. Credo però che la realtà quotidiana in cui viviamo non sia che il margine di una favolosa realtà che è possibile riconquistare, e che il romanzo – come la poesia, l’amore e l’azione – debba proporsi di penetrare tale realtà. Ora, il concetto fondamentale è questo: per rompere questo guscio fatto di abitudini e vita di tutti i giorni, gli strumenti letterari abituali non servono più. Pensi al linguaggio che dovette usare Rimbaud per farsi strada nella sua avventura spirituale. Pensi a certi versi delle Chimere di Nerval. Pensi ad alcuni capitoli dell’Ulisse. Come scrivere un romanzo quando prima occorrerebbe dis-scriversi, dis-impararsi, partire à neuf, da zero, da una condizione preadamitica, per così dire?

Julio Cortàzar


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